Sono stato tre volte in via Solferino. Al civico 28. Perché dovrei raccontarvelo? Perché a cavallo tra il 2014 e il 2015 è avvenuto un passaggio storico. Storico per il mondo dell’editoria, storico per uno dei giornali con cui collaboro da ormai 3 anni, e cioè La Gazzetta dello Sport. E’ successo che la rosea ha cambiato sede. La redazione non cucina più il giornale che finisce in edicola tutte le mattine nelle sale di via Solferino, a Milano, ma è stata trasferita in via Rizzoli, nel palazzone di Rcs che si vede passando sulla Tangenziale Est di Milano. E così questo “trasloco” mi ha fatto tornare alla mente e al cuore qualche ricordo.
Dire via Solferino in Italia significa dire Corriere della Sera, non solo per chi è di Milano o si occupa di giornalismo. Il palazzone del centro di Milano, a ridosso di Brera, è la sede della redazione del Corriere dal 1904. Allora il direttore era Luigi Albertini. Ma circa 38 anni fa nei locali di via Solferino si trasferì anche la redazione de La Gazzetta dello Sport. Che tra Natale e Capodanno ha cambiato sede, spostandosi molto fuori dal centro cittadino, all’estrema periferia, in quella torre che svetta non molto distante dal Nordmilano.
Non voglio dilungarmi con dettagli che non conosco e che ruberei semplicemente da Wikipedia. Preferisco annotare qui qualche ricordo personale di via Solferino. Come dicevo all’inizio, sono passato da là tre volte.
La prima in occasione della “visita” alla redazione con i miei colleghi del Corso di perfezionamento in Giornalismo Sportivo frequentato nel 2012. Non ricordo esattamente che giorno fosse ma ricordo benissimo invece di essere arrivato in via Solferino in moto. Ero emozionato: prima di tutto perché quella era una specie di “gita di classe” con le persone che stavo imparando a conoscere in quei mesi. E secondo perché per un giornalista o aspirante tale passare da via Solferino e mettere il naso nella redazione del Corriere o della Gazzetta ha sempre un certo effetto. Abbandonata la moto siamo entrati dalla porta principale, dall’ingresso al civico 28. Siamo subito stati dirottati in una saletta dove abbiamo incontrato Gian Luca Pasini e Daniele Redaelli, due giornalisti della “gazza” che ci hanno raccontato un po’ del loro lavoro. E poi siamo stati accompagnati per un veloce tour in redazione. Una toccata e fuga tra i corridoi dove campeggiano le foto delle prime pagine passate alla storia, o quelle dei direttori che si sono succeduti alla guida del quotidiano. Un passaggio a “toccare con mano” le scrivanie e i computer di chi realizza il giornale ogni santo giorno. E infine due chiacchiere con Andrea Monti, direttore allora come oggi: non nel suo ufficio ma nella saletta dove si svolgono le riunioni tra i capi, dove si progetta il giornale, dove nascono le idee e dove si litiga, si guardano le partite e si fanno le interviste agli ospiti più importanti e graditi. Sul tavolone al centro della saletta c’erano ancora foglietti di appunti dove i redattori e i capi avevano progettato la possibile prima pagina del giorno dopo. Quella con una maxi intervista a Diego Maradona (custodisco una lastra presa dalla tipografia quella stessa sera, come si vede dalla foto scattata dalla mia scrivania, nella redazione de Il Gazzettino di Sesto). Salutato Monti, abbiamo girato i tacchi. Passando però dal Corriere. Già che c’eravamo…! Un passaggio nei corridoi e anche uno stop nella sala dove si svolgono le riunioni di redazione: quella con quel tavolone in legno, scuro, che profuma di giornalismo.
Le altre due volte in cui sono entrato in via Solferino 28 l’ho fatto per lavoro. Passavo a salutare i colleghi della redazione di Milano e della Lombardia de La Gazzetta: un’occasione per conoscersi meglio ma anche per fare il punto su alcuni lavori in sospeso. Entrambe le volte mi sono perso in quei corridoi lunghi e non molto rumorosi (come invece ci si potrebbe immaginare).
Non scrivo per “mitizzare” quel luogo, che forse è già in qualche modo mitico per conto suo. Scrivo per condividere un’esperienza. Non so se tornerò mai in via Solferino o se passerò mai dal palazzone Rcs. Sono però contento di esserci stato, di aver visto, di aver registrato con la mente e con il cuore.
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