Missione Giornalista

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Giornalista e ghost writer: il lavoro nell’ombra tra libri e scrittori

Ci sono mille modi per fare il giornalista. Ci sono mille modi, l’ho già detto e lo ripeto, per interpretare la professione, per “metterla in pratica” quotidianamente. Il mio è uno dei tanti, non il migliore, non il più brutto e nemmeno il più bello: ce ne sono tanti altri che mi affascinano, mi incuriosiscono. Da qualche tempo sto indagando i contatti tra il giornalismo e l’editoria, cioè tra i giornalisti e il mondo dei libri, degli scrittori. E in questo groviglio di rapporti c’è una professione segreta, oscura, nascosta, letteralmente fantasma; ci sono giornalisti che lavorano nell’ombra, senza metterci faccia e firma, collaborando con scrittori, illustri e non, per la stesura di romanzi, biografie, libri di indagine, storie e racconti. Sto parlando dei cosiddetti ghost writer: quasi per caso ne ho incontrato uno, e gli ho fatto un po’ di domande per capire qualcosa di più sul suo lavoro.

ghost-writer

Che lavoro fai nella vita, o meglio, come ti definisci?

“Mi definisco un giornalista freelance, dal momento che non lavoro per un’unica testata e mi muovo su diversi mezzi di informazione, anche se a volte faccio lavori collaterali come il traduttore o il ghost writer”.

Cosa vuol dire fare il ghost writer? Concretamente, come lavori?

“Fare il ghost writer significa scrivere al posto di un’altra persona, solitamente uno scrittore o un giornalista. Il mio lavoro è meno losco di quello che si possa immaginare: nel mio caso specifico non scrivo libri al posto di qualcuno, ma agevolo il lavoro di uno scrittore di professione, affiancandolo nella composizione di scritti, che possono essere e-mail, abstract di saggi, scalette di presentazioni editoriali, nelle traduzioni e nella ricerca di testi e materiali utili alla reale composizione di un romanzo o di un articolo di giornale e nella gestione del sito internet. Spesso ho la fortuna di leggere in anteprima articoli, racconti o testi e mi viene chiesto di dare un parere o fare correzioni laddove ci fossero refusi o passaggi chiari solo nella mente di chi li ha scritti e non in quelli di chi poi dovrà leggerli”.

L’autore o gli autori con cui collabori sono di successo?

“Lavoro con una persona che ha scritto diversi romanzi e che ha vinto anche alcuni premi letterari”.

Quanto è diffusa nel mondo dell’editoria la figura del ghost writer?

“Non sono immerso nel mondo editoriale, ma lo frequento abbastanza. Il ghost writing un fenomeno diffuso, perché l’editoria è una vera e propria industria commerciale, con ritmi frenetici. Quindi se emerge un personaggio di successo in qualunque campo (tv, calcio, cinema) gli si fa scrivere un libro. Spesso però non ne è capace, così a scriverlo è il ghost writer. In altri casi, poi, anche gli scrittori tradizionali hanno bisogno di una mano, magari più per compiti collaterali come quelli di cui mi occupo io”.

Non ritieni sia triste che gli onori e il successo vadano a chi ci mette la firma…e del tuo lavoro nascosto non si sappia nulla?

“Nel mio caso specifico, se rispondo via mail agli ammiratori o ai rompiscatole a nome dello scrittore per cui lavoro, non mi sento sminuito, anzi mi diverte. Devo dire però che la persona per la quale scrivo, pur lasciandomi scrivere liberamente, mi dà indicazioni sulle risposte da dare o sulle cose da scrivere e controlla ogni mia parola prima dell’invio definitivo”.

Come e a che livello puoi far fruttare, anche sul curriculum, la tua esperienza di ghost writer? Cioè…come è possibile che qualcuno interessato a lavorare con te possa effettivamente verificare che ci sei tu dietro quel lavoro?

“Nel mondo dell’editoria essere un ghost writer è una professione riconosciuta a tutti gli effetti. Gli editor, i direttori editoriali e gli stessi proprietari delle case editrici sanno che tu fai quello o che ci sei tu dietro il libro del calciatore o della showgirl di turno. È un passaparola che fa comodo a tutti e spesso scrittori di successo (che scrivono da sé) ti sponsorizzano. A me è capitato di ricevere qualche proposta in questo senso, ma al momento ho rifiutato, perché il lavoro giornalistico, che è la mia principale attività, pur con molte difficoltà, sta dando i suoi frutti e mi impegna moltissimo”.

Che tipo di libri ami leggere? E invece scrivere? Su cosa stai lavorando ora?

“C’è stato un tempo in cui leggevo esclusivamente saggi, soprattutto di storia e di antropologia. Adesso mi dedico di più ai romanzi, perché li leggo analizzando anche le tecniche di scrittura, che possono essere utili pure se ti limiti ad essere un giornalista. E i libri che leggo ormai sono quasi esclusivamente consigliati dalla persona per cui lavoro, che non mi ha mai deluso con i titoli che mi ha proposto. Purtroppo però, dal momento che per lavoro mi capita di intervistare gli scrittori con i libri in uscita, non sempre posso leggere solo quello che mi piace, anzi spesso mi capitano romanzi che non comprerei mai”.

Non puoi svelare il tuo “datore di lavoro” nemmeno sotto tortura? O ci sono dei margini entro i quali la tua segretezza decade?

“Nel caso di un ghost writer che scrive un romanzo al posto di un’altra persona, ci sono clausole di segretezza proprio nel contratto che firmi quando ti commissionano il lavoro. Per me è diverso e molte persone dell’ambiente sanno che ‘lavoro per’ o ‘lavoro con’ una persona. Pur non essendoci nulla di male, anche perché ripeto che non scrivo romanzi al posto suo, è poco carino fare del gossip spicciolo, perché questa persona, oltre a puntare su di me a livello professionale, introdurmi a persone a cui non potrei mai arrivare, sponsorizzare la mia presunta bravura e farmi crescere in un mondo pieno di squali proteggendomi e consigliandomi, mi ha fatto entrare nella sua vita privata a livello personale e la considero qualcosa di più che un semplice datore di lavoro”.

FOTO DA CULTUREDVULTURES.COM

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Questa voce è stata pubblicata il 25 novembre 2016 da in Giornali e giornalisti, La professione con tag , , , , , , , .
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