Nell’ultima settimana sono stato poco bene. Raffreddore, un po’ di febbre. Tutto qui; e ho lavorato comunque, perché gli impegni mi impedivano di fermarmi. Non voglio qui di certo passare per un eroe: gli eroi del mondo del lavoro sono altri. Ma il raffreddore mi ha tenuto lontano da questo blog; ho pensato anche di saltare il mio settimanale appuntamento con la scrittura personale.
Poi però, a destarmi da questa pausa, ci ha pensato l’attualità. O meglio, ci ha pensato Alfonso Signorini, direttore del settimanale Chi che sull’ultimo numero in edicola ha deciso di dedicare un servizio al ministro Marianna Madia mentre lecca un cono gelato. Una doppia pagina fotografica ricca di allusioni sessuali che ha scatenato l’ennesimo intenso dibattito sulla professione. Sul senso di “certo” giornalismo, sulla eticità delle scelte editoriali di Signorini “and co”, sulla legittimità e sull’opportunità di pubblicare un servizio di quel tipo.
Due cori, principalmente. Da un lato gli oppositori che sostanzialmente richiamano la deontologia professionale. Dall’altro i sostenitori, o meglio coloro che in qualche modo difendono la scelta “politica” fatta dalla direzione del settimanale di gossip. In cima a questa lista c’è l’editorialista de Il Giornale, Vittorio Feltri, che sentenzia: “Peggio della volgarità c’è solo l’ipocrisia”.
Avevo già dedicato un post a questioni deontologiche quando avevo cercato di fare una riflessione sul senso del video pubblicato dal Corriere della Sera in occasione degli omicidi compiuti a Cinisello Balsamo dal giovane Davide Frigatti. Mi capita spesso, come appunto dicevo in quell’occasione, di pensare al senso che ha il mio mestiere e al senso che hanno gli articoli che quotidianamente scrivo. Non voglio qui richiamare io i pilastri della deontologia professionale: non mi sento abbastanza preparato a farlo. Ma di certo posso (il blog è mio!) condividere le sensazioni che ho registrato dentro di me in questi due giorni.
Pensieri, idee, riflessioni: tutto gira attorno a una sola semplice sentenza. “Quello è giornalismo?”. Fotografare una donna solo perché è un Ministro della nostra tanto amata Repubblica, sbatterlo su una doppia pagina di giornale mentre mangia un gelato e fare allusioni sessuali sulla sua bravura a “leccare” è fare giornalismo? Io la risposta ce l’ho, ma io non sono un lettore di Chi né tantomeno di altri settimanali di gossip vario che invece hanno un pubblico fedele e appassionato.
Quello che non è giornalismo per me lo è per altri. Quello che non ha senso per me lo ha, evidentemente, per altri. Evidentemente questa mi a riflessione non ha una fine: è una domanda aperta. Ma credo si capisca anche quale è il sentimento di base che anima questo post. E siccome conosco bene, abbastanza bene, i meccanismi che si celano dietro al mondo dei giornali, do un suggerimento a chi crede che giornali e giornalisti di quel tipo non debbano esistere: non leggeteli. Semplice, forse banale. La libertà di lettori vale molto più di quanto possiate credere: un vostro euro speso in edicola è un vostro click su un link on line hanno più peso di quanto possiate immaginare.
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